GREGORY BATESON E L’ECOLOGIA DELLA MENTE

 


(Gregory Bateson and the Ecology of mind )

First Part

Gregory Bateson

Sapete, un giorno, anni fa, alla fine di una lezione, uno degli studenti venne da me, si voltò indietro per sincerarsi che tutti gli altri se ne stessero andando e poi disse, esitante:

“Vorrei farle una domanda”. “Sì?” -dissi io.

“Be’..lei vuole proprio che noi impariamo quello che ci sta raccontando?”. Ebbi un attimo di esitazione, ma egli riprese subito: “Oppure tutto questo è una specie di esempio, un’illustrazione di qualcos’altro?”. “Certo, proprio così!”. Ma …un esempio di che cosa? Dopo, quasi ogni anno, ci furono vaghe lamentele che di solito mi giungevano sotto forma di pettegolezzo: si sosteneva che “Bateson sa qualcosa che non ci dice”, oppure “sotto quello che Bateson dice c’è qualcosa, ma lui non ci dice mai di che cosa si tratti”. Evidentemente non stavo dando una risposta alla domanda: “Un esempio di che cosa?”.

Gregory Bateson è nato a Cambridge in Inghilterra nel 1904 ed è morto a San Francisco nel 1980.

Antropologo, etologo, cibernetico,  innovatore nel campo della psichiatria pur non essendo psichiatra, studioso delle forme di comunicazione e della morfologia del mondo vivente, Gregory Bateson era figlio di William Bateson, uno dei padri della genetica.

Gregory crebbe nell’ambiente accademico del prestigioso Saint John’s College. In perpetuo conflitto con il rigido ambiente vittoriano della scienza inglese dei primi del ‘900, e a dispetto dei propositi del padre che lo voleva scienziato inquadrato nei laboratori di biologia, Gregory preferì gettarsi nell’avventura della ricerca antropologica. Dalla fine degli anni ’20 fino allo scoppio della seconda guerra mondiale studiò sul campo, per anni, le popolazioni della Nuova Guinea e di Bali.

I suoi primi scritti su questo soggetto furono un fallimento. Non erano abbastanza sistematici e traboccanti di dati come pretendeva il metodo scientifico classico; erano al contrario tutti intrisi di riflessioni sul modo stesso di descrivere i fenomeni e di spiegarli, cioè sul modo di pensare di uno scienziato al lavoro. Con questi lavori antropologici egli comprende l’enorme importanza che hanno i fattori emotivi come fondamento di tutti i rapporti umani; per lui le emozioni sono alla base anche delle posizioni dei membri in una comunità, e cioè alla base della gerarchia sociale. Gregory sposa nel 1935 l’antropologa americana Margaret Mead e si trasferisce negli Stati Uniti. Qui elabora i suoi principali concetti sul carattere nazionale, sull’apprendimento e sulle interazioni comunicative. Lavora per i servizi militari del governo americano durante la guerra contro i giapponesi e incontra in questo ambiente altri scienziati, impegnati come lui nell’escogitare sempre nuove tecnologie per sconfiggere giapponesi e tedeschi. E’ in questo periodo che viene a contatto con le prime idee della cibernetica.

Gregory Bateson

Negli ultimi giorni diverse persone mi hanno chiesto: “Che cosa intendi per Ecologia della Mente?”. Beh… .più o meno sono le cose di vario tipo che accadono nella nostra testa e nel nostro comportamento… e quando abbiamo a che fare con altre persone… e quando andiamo su e giù per le montagne…. e quando ci ammaliamo e poi stiamo di nuovo bene… Tutte queste cose si interconnettono e , di fatto, costituiscono una rete che , in un linguaggio orientale, si potrebbe chiamare Mandala. Io mi sento più a mio agio con la parola Ecologia, ma sono idee che hanno molto in comune.

Alla radice vi è la nozione che le idee sono interdipendenti, interagiscono, che le idee vivono e muoiono. Le idee che muoiono, muoiono perché non si armonizzano con le altre. E’ una sorta di intrico complicato, vivo, che lotta e che collabora, simile a quello che si trova nelle boschi di montagna, composto dagli alberi, dalle varie piante e dagli animali che vivono lì – un’ecologia , appunto.

All’interno di questa ecologia vi sono temi importanti di ogni genere che si possono enucleare e su cui si può riflettere separatamente. Naturalmente si fa sempre violenza al sistema nel suo complesso se si pensa alle sue parti separatamente; ma se vogliamo pensare dobbiamo fare così, perché pensare a tutto contemporaneamente è troppo difficile. Grosso modo è come se vivessimo in tre mondi interconnessi o intertessuti. Uno non è di grande utilità, ma dobbiamo definirlo per amor di chiarezza: è il mondo che gli gnostici e Jung chiamano il Pleroma e potremmo immaginarlo più o meno come il mondo della fisica delle palle da biliardo. E’ un mondo in cui le cose non sono vive: sono palle da biliardo, pietre, corpi celesti e così via, e rispondono alle forze e all’energia esercitate su di essi. Una palla da biliardo ne colpisce un’altra e la seconda risponde con l’energia ricevuta dalla prima. Oppure stanno in campi di forze e si muovono sotto l’effetto della gravità e cose del genere. Ecco perché è un mondo. E se si vuole sapere che cosa accade, si esamina l’entità della forza con cui una palla è spinta o colpita e la sua risposta è una funzione semplice della forza con cui è stata colpita o tirata o spinta. Ma il mondo delle cose vive è diverso. Se dò un calcio a un cane esso reagisce con l’energia del suo metabolismo. Le cose vive rispondono al fatto di essere state colpite. Ci sono dei fatti, e sono distinti dalle forze. E questi fatti sono essenzialmente non fisici, sono idee. Ciò a cui rispondiamo , ciò che possiamo vedere è la differenza. Si può vedere che questa cosa è diversa da quella. Diciamo che la differenza è che uno è nero e l’altro è bianco. Potremmo chiederci dove sta la differenza. E’ chiaro che non sta nel bianco. Non sta nel nero. Non sta nello spazio tra loro. Forse non sta nemmeno nel tempo fra loro.

Nel 1942 Bateson partecipa al primo di una serie di incontri fra scienziati di varie discipline in cui vengono poste le basi per la scienza della Cibernetica , la nuova disciplina basata sulla teoria dell’informazione, sulla teoria dei sistemi, sulla logica e la matematica. Questi incontri diverranno famosi , successivamente, come i Seminari della Fondazione Macy. Dai dibattiti e dalle elaborazioni dei partecipanti hanno preso le mosse le moderne discipline informatiche e telematiche, oltre ad un profondo rinnovamento delle scienze sociali e psicologiche. Insieme con i grandi scienziati Norbert Wiener, Warren McCulloch, John Von Neumann, Bateson elabora la teoria cibernetica della comunicazione. Nella visione cibernetica ogni sistema organizzato si caratterizza per la coordinazione delle sue parti componenti e per il controllo che alcune di esse esercitano su altre attraverso meccanismi di scambio di informazioni di tipo circolare.

Il feedback è il concetto basilare di questa scienza. Feedback “positivo” quando un messaggio attiva risposte che amplificano il movimento di un sistema nella stessa direzione. Per esempio quando ad una sfida si risponde con una sfida superiore, quindi ancora una nuova sfida e così via fino alla violenza.

Feedback “negativo” quando la risposta è una disattivazione dell’amplificazione per ritornare ad uno stato di equilibrio. Per esempio quando ad una sfida si risponde con un sorriso e la nuova risposta è prima di sorpresa e poi una risata , fino alla calma.

Le idee della cibernetica furono per Bateson una vera e propria rivelazione di come potessero funzionare veramente tutte le forme di vita e restarono la base di tutto il suo lavoro scientifico successivo.

Gregory Bateson

Come ho detto, ci sono tre mondi.

Per il momento mettiamo da parte il primo mondo,  il mondo delle cose fisiche, e occupiamoci degli altri due: uno, il mondo interno, è il mondo del pensiero e dell’apprendimento, e due, il mondo esterno, è il mondo dell’evoluzione. E la prima cosa da dire su questi due mondi è che si somigliano moltissimo. Vediamo prima il mondo esterno, il mondo dell’evoluzione. Oggi in biologia si sa molto sull’evoluzione del cavallo. Il Museo americano di Storia naturale possiede centinaia di scheletri fossili di cavallo che segnano il cammino seguito dall’evoluzione per giungere dall ‘ EOHIPPUS -un animale con cinque dita nelle zampe anteriori e posteriori, probabilmente col piede morbido, e grande più o meno come un cane di taglia media – fino al cavallo attuale, che ha un solo dito per piede (quattro dita sono scomparse e una è rimasta), munito di una grande unghia alla cui estremità c’è lo zoccolo. La dentatura è cambiata moltissimo e ora al centro ha uno spazio vuoto, tanto che ci si può infilare una penna, e lì al centro il cavallo non può mordere, e ha una faccia lunga lunga proprio da cavallo. Quindi ne sappiamo un bel po’ sul suo aspetto e sul cammino che l’ha portato sin qui giudicando in base agli scheletri di tutti i cavalli. Orbene, in verità, questa, sapete, non è la storia dell’evoluzione del cavallo, e non è il cavallo la cosa che si è evoluta. Quella che si è evoluta in effetti è stata una relazione tra cavallo ed erba.

Questa è ecologia. Se vogliamo un prato all’inglese, che è l’equivalente suburbano di una pianura erbosa, bisogna che compiamo certi passi. Prima di tutto bisogna comprare un tosaerba, che è l’equivalente degli incisivi del cavallo. E il tosaerba è necessario per evitare che l’erba vada in semenza: se va in semenza l’erba muore; pensa di aver compiuto il suo dovere e muore. Quindi le impediamo di andare in semenza con la macchina. Poi se vogliamo una zolla erbosa compatta, dobbiamo pigiarla, quindi ci si deve procurare un rullo; e questo è un surrogato degli zoccoli del cavallo. E da ultimo se vogliamo avere proprio un bel prato andiamo a comprare un bel sacco di letame che sostituisce il posteriore del cavallo…

In realtà,  quindi, in un modo o nell’altro facciamo finta di essere un cavallo per ingannare l’erba e persuaderla a fare ecologicamente ciò che farebbe se su di lei vivessero degli animali con gli zoccoli. Quindi l’unità di quella che viene chiamata evoluzione nel mondo esterno non è in realtà questa o quella specie: è tutto un sistema interconnesso di specie. E questa è la danza esterna.

E la danza interna è più o meno simile.

Dopo le conferenze della Macy Foundation Bateson ottiene dei fondi per la sua ricerca indipendente, slegata da ogni velleità o responsabilità accademica, e rivolge la sua attenzione alle dinamiche familiari implicate nella schizofrenia.

Dirige un gruppo di psichiatri per circa 14 anni, fino ad arrivare alla formulazione della teoria del “doppio-vincolo” che tanta importanza avrà per il formarsi di una nuova mentalità psichiatrica. L’idea fondamentale che sta alla base del suo modo di interpretare i processi di comunicazione di qualunque tipo fra soggetti di qualunque natura- uno schema teorico entro il quale tutta la sua multiforme attività può essere inquadrata- fu quella di distinguere il contenuto esplicito di un messaggio dal metamessaggio che inevitabilmente lo accompagna. Il metamessaggio è un genere di messaggio che ha la funzione di segnalare al destinatario il contesto entro il quale il messaggio esplicito assume significato. La teoria del doppio-vincolo, formulata nel 1956 come possibile causa della schizofrenia , afferma che – in sostanza – se una persona è esposta continuamente a comunicazioni contraddittorie senza che possa sottrarvisi può incorrere in gravi patologie psichiatriche. Esempio tipico quello di una madre che accusa il figlio di non amarla abbastanza ma accompagna questa affermazione con atti verbali e non verbali – movimenti del corpo, tono della voce, eccetera- dai quali risulta inequivocabilmente che essa teme di essere oggetto di gesti di affetto che la coinvolgerebbero eccessivamente. Dopo aver messo in guardia gli psichiatri americani dal considerare la teoria del doppio-vincolo come un preciso strumento terapeutico di sicura validità, il concetto di doppio-vincolo o doppio-legame divenne successivamente per Bateson un principio assai più generale, valido altrettanto bene per spiegare l’espressione artistica o il gioco, oltre alle manifestazioni patologiche psichiatriche.

(From Lewis Carroll :Alice attraverso lo specchio)

“Eccola lì che zampetta ai tuoi piedi…” – disse la Zanzara (Alice tirò indietro i piedi un po’ allarmata) – “…puoi osservare la Farfalla ‘Pane-e-Burro’ . Le sue ali sono fettine sottilissime di pane spalmate col burro, il corpo è un pezzo di crosta, e la testa è una zolletta di zucchero”. “E di che cosa si nutre?” “Di tè leggero con panna.” Una nuova difficoltà sorse nella mente di Alice: ” E se non ne trova?” -chiese. “Allora muore, naturalmente” -rispose la Zanzara. “Ma è una cosa che le deve capitare molto spesso.” – osservò Alice, pensierosa. “Le capita sempre” -disse la Zanzara. Dopo di che Alice restò silenziosa per un paio di minuti, sovrapensiero.

Gregory Bateson

E ora vediamo la danza interna. Immaginiamo di essere dei paleontologi, sapete, quelli che studiano i dinosauri e cose del genere.

Ebbene potremmo studiare le farfalle “Pane-e-Burro” fossili e domandarci perché si estinsero. La risposta non è che si estinsero perché non riuscivano a trovare il cibo: la risposta è che si estinsero perché erano prigioniere di un dilemma. La farfalla “Pane-e-Burro” muore di un doppio-vincolo, non dei particolari traumi dovuti ad una testa sciolta nel tè leggero, e neppure morta di fame, bensì dell’impossibilità di un adattamento contraddittorio. E’ una faccenda curiosa, perché nel suo complesso la lingua, così come siamo abituati ad usarla, presuppone che si possa parlare di “questo”, e degli usi di “questo” e dei singoli fini, e che dato l’effetto di “questo” e così via… e così via.

E proprio al centro di questo modo di dire le cose c’è il nostro uso del pronome di prima persona “io”.

E se la farfalla “Pane-e-Burro” avesse usato la parola “io” che cosa sarebbe accaduto? Avremmo avuto un dilemma ambulante, dovuto alla sua testa di zucchero e alla sua stupida abitudine di bere tè con panna: ” Se io mangio mi si scioglie la testa e muoio , e se io non mangio, muoio ugualmente.” Capisco che è un po’ difficile spiegare che cosa sia questa storia del doppio vincolo ma almeno si comprende che alla base ci sono delle idee contraddittorie.

Vedete, la danza interna, quella dell’apprendimento ha questa caratteristica interessante. In primo luogo non è una danza di cavalli, di farfalle o di palme da cocco; nella testa non ci sono né cavalli né palme da cocco. E non ci sono né macchine, né soldi, né qualunque altra cosa ci interessi. Queste cose nella testa non ci sono: nella testa ci sono solo idee di queste cose. E le idee, come abbiamo già osservato, hanno fondamentalmente la natura della differenza e… sono “mitiche”. Esse non sono ubicate nel tempo e nello spazio; Immanuel Kant l’ha chiarito una volta per tutte. Le idee non sono come i bastoni o le pietre. Hanno tra loro una curiosa relazione: si possono avere idee relative a idee, mentre non si possono avere pietre relative a pietre. In effetti nell’universo fisico l’espressione “relativo a” non ha alcun senso. “Relativo a” è un’espressione che può avere significato solo nel mondo delle idee.

Un altro strumento concettuale che permette a Bateson di costruire la sua interpretazione del mondo della vita è la teoria dei tipi logici che egli riprende dal lavoro dei matematici Bertrand Russell e Alfred Whitehead. Nella logica formale o nel discorso matematico una classe non può essere elemento di sé stessa e una classe di classi non può essere una delle classi che sono suoi elementi.

Vale a dire che il termine generale “cane” con cui identifichiamo tutti i cani del mondo non può essere esso stesso un… cane. Questo è un esempio molto banale, ma Bateson si accorge che le confusioni fra le classi della logica sono comuni fra gli scienziati quando cercano di spiegare i fenomeni della vita, anzi le confusioni sono all’ordine del giorno proprio nella vita quotidiana degli uomini e perfino di tutti i sistemi viventi naturali.

(Ti amo……)

Nella comunicazione interpersonale vengono comunemente scambiati messaggi che appartengono a tipi logici diversi. Per esempio si può dire TI AMO in molte forme differenti: su un piano logico ci sono le parole “ti amo” e contemporaneamente su un altro piano logico vi è il modo come viene detta questa espressione: può essere dolce, oppure dura e arrabbiata, tenera o ingannatrice e così via. Nell’interpretare questi messaggi si possono fare sempre degli errori e questi errori conducono in genere a patologie della comunicazione che possono estendersi dalla schizofrenia all’insuccesso nel combattere la droga, dai comportamenti conflittuali all’inquinamento ambientale.

Sembra perciò che il mantenimento di una rigida separazione fra messaggi appartenenti a tipi logici diversi sia condizione essenziale per evitare disastri. In realtà non è sempre così. In particolare una grande quantità di fondamentali comportamenti umani, ma anche animali, nascono da una violazione delle regole di una corretta tipizzazione logica, come il gioco, l’arte, il sogno, il rito e l’umorismo. La vita e i fenomeni mentali non sopportano rigide regole logiche di tipo lineare. I processi mentali e vitali sono altamente creativi proprio perché infrangono queste regole.

Gregory Bateson

…perché, vedete, possiamo conoscere solo in virtù della differenza. Questo vuol dire che tutta la nostra vita mentale è di un grado più astratta del mondo fisico che ci circonda.

Noi non abbiamo a che fare con le grandezze ma con i rapporti fra le grandezze. Questo, cioè, è un ponte che collega la mente e il corpo, o la mente e la materia, ma allo stesso tempo differenzia la mente dalla materia, capite? Dunque, procedendo su questa strada, arriviamo ad un mondo che è molto diverso da quello rappresentato nel linguaggio ordinario, un mondo che ha essenzialmente una doppia struttura. Vi è una cosa che si chiama “apprendimento”, a un livello di organizzazione piuttosto piccolo (non dico semplice, bensì piccolo), e c’è una cosa che si chiama “evoluzione”, a un livello molto più grande. Tra questi due livelli c’è una strana sorta di accoppiamento…. imperfetto.

Noi siamo per lo più al piccolo livello dell’apprendimento, ma siamo anche creature del livello molto più grande.

Quello in cui viviamo è un curioso mondo paradossale,  in cui facciamo del nostro meglio per stare a galla. Talvolta, vedete, è una barzelletta, perché le barzellette in sostanza si collocano tra due livelli di percezione, due livelli di configurazione, e quando essi s’intrecciano uno sull’altro ridiamo…. o piangiamo…. o creiamo l’arte o la religione…. o diventiamo schizofrenici. Ora io ho cominciato a farvi entrare in un mondo piuttosto strano, che non contiene altro che notizie, resoconti di differenze, resoconti di cambiamenti, preferenze per il cambiamento, preferenze per la stabilità e così via.

Vivere in un mondo di idee vuol dire essere vivi. Non penso veramente che una brocca d’acqua viva in un mondo di idee: non ha i circuiti necessari. Non ha esperienza, non ha informazione. Galleggiamo quindi in un mondo che non consiste se non nel cambiamento, anche se parliamo come se nel mondo ci fosse un elemento statico, come se si potesse dire che questa camicia “è” verde e quella “è” a righe o azzurra. Tutto ciò che posso davvero dire, mentre esploro il mondo che mi sta di fronte passandogli sopra la retina, è che quanto ricavo non sono altro che resoconti su dove sento che le cose sono differenti. E’ così che viviamo. E all’interno di questa cornice diciamo che le cose sono belle, che le cose sono brutte, che proviamo dolore, che un cibo è più gustoso di un altro, che siamo stanchi, che ci adiriamo e altri pasticci del genere.

E a questo punto devo dirvi che il mondo delle idee può, in un modo assai curioso o distruggervi o arricchirvi.

Nel 1960 Bateson inizia un lungo lavoro sulla codificazione mentale dei segnali che lo porterà a studiare polipi, lontre e soprattutto delfini nell’Istituto Oceanografico delle Hawaii.

Sulla base delle scoperte del modo di apprendere e di comunicare dei delfini Bateson arriva alla conclusione che non solo non possiamo immaginare il sistema cognitivo del delfino ma nemmeno riusciamo a comunicare con lui finchè non attenuiamo il modo prevalente di entrare in contatto con la realtà e cioè il modo digitale, quello prevalente nella nostra parte sinistra del cervello. Possiamo conoscere altre realtà viventi solo tramite il riconoscimento reciproco di forme e contorni delle relazioni, una sorta di empatia estetica, un apprezzamento della somiglianza ovvero della bellezza delle altre forme di vita. Per Bateson , e per i poeti, una primula sulla sponda del fiume non è solamente un fiore, ma molto di più, così come le anatre di Konrad Lorenz erano per lo scienziato austriaco molto di più che semplici animali da esperimento.

E’ soprattutto con questa ricerca sui delfini che Bateson mette a punto le sue teorie sull’apprendimento e sull’ecologia dei sistemi biologici.