Bob Adamson ‘il marinaio’ australiano

Consapevolezza non concettuale, autocoscienza

Traduzione Isabella di Soragna

‘Non parlo ad una persona. Non parlo ad una mente. Parlo a QUELL’IO SONO che IO SONO, a Quella presenza consapevole che si esprime attraverso la mente col pensiero ‘IO SONO’. Solo QUESTO e nient’altro.’
Questa l’introduzione immediata e diretta allo stato naturale, la verità del ‘Tu sei Quello, espressa da Bob Adamson, ‘il marinaio’ e rivolta ai ricercatori che hanno trovato la via verso di lui negli ultimi 29 anni.
La ricerca di Bob terminò un giorno nel 1976 alla presenza di Sri Nisargadatta Maharaj, un Jnani molto rispettato che agiva sempre da questo ‘stato naturale. Nisargadatta disse a Bob che ‘il maggior aiuto che uno possa dare a qualcuno è di portarlo al di là del bisogno di un aiuto ulteriore.’
Bob racconta: ’Nisargadatta fece questo, orientandomi direttamente verso la realtà, al fatto vero CHE IO SONO. Ora dimoro stabilmente come QUELLO.’
E così Bob, quando l’occasione si presenta trasmette questo messaggio a coloro che sono attirati da questa saggezza.

Commenti di James Braha su Bob:
Notai che era un uomo semplice che aveva la sola ambizione di risvegliare la gente alla consapevolezza che Nisargadatta aveva rivelato in lui 30 anni prima. Non aveva creato scandali, non aveva accumulato una grande ricchezza, né fatto trips di potere e dubito che a settantacinque anni avrebbe cominciato a farlo. La sua sincerità e la sua compassione erano evidenti anche dalle telefonate che ebbi con lui che finivano a volte con ‘te vojo bene’ (espressione australiana: love ya).
Quando lo incontrai all’aeroporto dopo trentasette ore di volo, ci abbracciammo e vidi nei suoi occhi, nonostante la stanchezza fisica evidente, un senso di pacifica vacuità, ma vigile, attenta al momento presente. Anche le altre persone che parteciparono poi agli incontri, confermarono questa osservazione, come se il passato – con i suoi dolori e complessi che creano l’aura umana – non avesse più presa su di lui. Si notava subito che viveva quello di cui parlava.

In sostanza il suo racconto è semplice. Se si realizza che il centro del sé o ego, o punto di riferimento non ha alcuna sostanza, allora si capisce che qualunque immagine mentale o concetto appare spontaneamente; invece di liberarsene, può essere utilizzato per difesa o protezione come avviene negli animali che si mimetizzano spontaneamente, senza uno sforzo deliberato a cambiare apparenza.
Lo stesso per gli uomini: se non si crede in un centro del sé, tutto, inclusi i concetti, le azioni e i cambiamenti si verificano spontaneamente per adattarsi alle situazioni della vita.
Tuttavia, se si crede che il centro del sé o ego o punto di riferimento ha una sostanza con una natura indipendente, – ossia che esiste un ‘io’ o ‘me’ – allora qualunque cosa accada è riferita ad un ‘me’ e, invece di essere una funzione naturale, si rivela come costrizione e diventa paura, ansietà, stress, ecc. poiché questa entità, essendo non-esistente, non può vivere all’altezza di quanto è immaginato. Anche se abbiamo sentito parlare di questo funzionamento naturale, crediamo ancora in un punto di riferimento e continuiamo a fare sforzi per assecondare questa entità e ricreiamo i vecchi concetti.

Domanda: Affermi che il punto di riferimento è falso. Possiamo dire che la mente, i pensieri sono il punto di riferimento?
Bob: Si, il pensiero non ha sostanza, non puoi afferrare un pensiero, non ha una natura indipendente. Puoi avere un pensiero senza consapevolezza? Il pensiero è indipendente?

D.:No.
B.: Quindi il pensiero lo credi un punto di riferimento perché non l’hai mai rimesso in questione. Non appena il pensiero dell’io appare in un bambino, egli crede ‘ecco quello che sono’. Egli fa questo ragionamento e se non è stato abbastanza bravo a scuola, pensa: ‘io non sono abbastanza bravo’ o ‘io non sono abbastanza intelligente. Egli aggiunge tutti questi pensieri per formare un’immagine mentale. Ma quel pensiero – ‘io’ – non può essere afferrato da solo. Non è niente.
Il punto di riferimento o centro del sé è solo un pacco d’immagini. Non ha natura indipendente. Siamo guidati da un fantasma.

D.: Da quando studio l’Advaita, mi sono domandato questo: se non siamo noi a fare queste cose, chi è che le fa? Siamo vissuti vero? Chi ci sta vivendo?
B.: (ridendo) Chi vuol saperlo? E’ di nuovo il tuo falso centro. Di nuovo l’ego che pensa che tu ed io siamo così fantastici da creare il pensiero oppure qualcun altro là fuori.
In natura c’è un unico solo movimento di energia!

D.: Tutta quest’esistenza è stata creata da qualcosa?
B.: Non è stata creata, è transitoria. Come il nostro punto di riferimento, crediamo ad una vita di miliardi di anni e non possiamo concettualizzarlo. Ma nulla fu mai creato.

D.:Allora questa conversazione non ha luogo?
B.: Beh, succede nell’apparenza. Se una nuvola appare nel cielo, è attaccata al cielo?

D.: No.
B.: E’ la stessa cosa per i concetti che ti vengono in mente. Cosa succede alla nuvola nel cielo? Arriva e poi viene soffiata via. Usa la metafora “consapevolezza-simile-allo-spazio”. E’ come lo spazio, vuota. Ma invece di essere vuota in una vacuità come lo spazio, è un “vuoto che ha conoscenza”. Ha questa capacità di conoscere. E’ imbevuta di un’intelligenza naturale, non come l’intelletto che conosce questo o quello. Un’intelligenza pura invece, la stessa intelligenza che funziona nell’universo, mantiene le stelle in orbita e fa soffiare il vento e tutto il resto. Questa intelligenza pura fa crescer le piante, fa battere il tuo cuore e crescere le tue unghie; sta facendo tutte queste cose proprio ora. Fa apparire i tuoi pensieri. Ma proprio come nuvole nel cielo, che non sono attaccate a nulla. Arriva e poi se ne va. Quell’energia vibra costantemente.

D.: Ho il concetto che vi è questa coscienza e unità.
B.: Si, ne fai un concetto.

D.: Da questa unità salta fuori l’apparenza, vero? Quindi fa della coscienza un creatore, no?
B.: Prendi l’esempio dell’oceano e delle onde. Sull’oceano appare un’increspatura o un’onda. L’onda può innalzarsi, poi frangersi o spruzzare, ma che cos’è? Solo acqua. Non è mai stata nient’altro che acqua anche se appare in forme diverse.

D.: Dunque quello che succede tra noi ora è la coscienza che appare come conversazione.
B.: Non provare a concettualizzare la coscienza. Questo è solo un’etichetta che noi poniamo. E’ vacuità che ha la possibilità di conoscere. Non dico conoscere questo o quello, o l’intelletto. Ma il sapere che sei, qui adesso.

D.: Quindi c’è solo il fatto di conoscere. Non c’è nessuna intelligenza dietro di essa?
B.: Il conoscere non è né il conoscitore, né il conosciuto. E’ solo quanto succede ora: il conoscere che sta succedendo. E’ un’attività che è energia. La pura intelligenza-energia è l’attività stessa del conoscere. Tutto qui. Il mondo appare e scompare in questa conoscenza pura. L’apparire e lo scomparire può essere solo concettualizzato da un punto di riferimento – da una falsa credenza! Per esempio prendi il vedere. Stai vedendo ora no? In seguito salta su il pensiero ‘Io vedo’. Ma il fatto reale di vedere succedeva prima del pensiero. Il pensiero ha creato uno pseudo-vedente. Quando dici: ’Io vedo l’albero’, crei un pseudo-soggetto – un soggetto ed un oggetto nella forma. Ma può esserci un vedente ed un visto senza il vedere?

D.: No.
B.: Quelli sono solo etichette che vi attacchiamo. Come il pensatore ed il pensato. Ricorda sempre quello che diceva Nisargadatta: ’Cerchi di afferrarlo con un concetto e fallisci. Ed è normale che tu fallisca, perché non potrai mai afferrarlo con un concetto!’ Devi smettere di concettualizare tutto quanto.

D.: Quindi tutto succede semplicemente?
B.: Esatto. Tutto succede da sé. E …non succede nulla!

D.: Come lo spieghi che non succede nulla?
B.: Con la metafora dello coscienza-simile-allo-spazio: tutta questa manifestazione è il contenuto dello spazio. Non c’è nulla che tu possa pensare al di fuori dello spazio. Così l’apparenza è il contenuto dello spazio. Se lo spazio non è niente, come può qualcosa sorgere dal niente?

D.: Perché sembra così reale?
B.: (ridendo) A chi?

D.: Ai miei pensieri.
B.: Si e i pensieri fanno parte dell’apparenza pure! In sostanza, l’apparenza è reale perché è fatta di consapevolezza presente – che è reale. Guarda come sembra reale un miraggio, o il colore dell’oceano. All’interno dell’energia intelligente, si formano modelli che costituiscono la manifestazione.
[…]
D.: Ora quando dici, come Nisargadatta, che sei quello in cui ogni cosa avviene, lo capisco. Ma non posso farlo con me stesso perché ‘accetto sempre la consegna della merce. Tu dici che non te ne importa se ci sono molti pensieri o nessun pensiero. Io questo non lo posso fare.
B.: Se io accettasi la consegna del punto di riferimento, sarebbe lo stesso. Penserei: ’Non avrei dovuto far questo, non avrei dovuto dire questo, ecc.’ Ma ho esaminato bene questo punto di riferimento. L’ho visto con chiarezza. Così quello che vien su, vien su. Ecco perché dico: ‘Non me ne può importare di meno’. Non sono io, non mi riguarda quindi. Non c’è preferenza, paragone o parzialità. È solo quello che è: non ci sono modifiche o correzioni. I buddisti parlano di ‘ciò che è’? Solo il vedere, il solo funzionamento. Tutto ciò che puoi modificare o alterare o correggere è solo un pensiero.

D.:…Mi sembra che la parte importante è la convinzione. Capisco quel che dici, ma non ne sono completamente convinto…
B.: Chi non ne è convinto? Tu hai un concetto di te stesso e così credi che le cose dovrebbero essere diverse. Stai vedendo ora vero? Stai ascoltando ora? Questo sapere di esserci è con te in quest’istante, vero? Non puoi negarlo.

D.: Esatto.
B.: Allora cos’è questa sciocchezza del non esserne convinto? Stai di nuovo partendo in crociera coi concetti…

D.: Già, ma perché non lo fai anche tu invece?
B.: Perché ho visto che il punto di riferimento è falso. Non vedi quel che stai facendo? Te lo sto mostrando, ma tu ti perdi nei se e nei ma e così via. Stai viaggiando nel futuro. Di nuovo sei nel tempo. Il tempo è un concetto mentale. Tu parti verso un immaginario futuro. Oppure torni indietro nel passato. Ma tu non vivi né nel futuro né nel passato. Tutto avviene adesso. E come una nuvola sul sole: blocca la conoscenza immediata dell’Adesso. Sono le idee che ‘Non ho questo’ o ‘Avrò la convinzione in futuro che ti allontanano dal reale.

D.: Quindi è qui proprio adesso?
B.: Si, è immediato. Non c’è da andare da nessuna parte.

D.: Ebbene ieri mi sono veramente arrabbiato. Una signora mi ha scritto una lettera che mi ha seccato molto.
B.: Era ieri, che importa il passato…

D.: Quando è successo, pensai: ’Aspetta un momento, non esiste James!’ Eppure l’arrabbiatura è rimasta.
B.: Si, perché quando dici ‘non c’è un io’ questo è già diventato un punto di riferimento. Puoi aver visto che non c’era James ieri, una settimana o un mese fa. Ma questa è roba morta come tutti gli altri tuoi pensieri. Devi vederlo proprio adesso. Invece di dire semplicemente ‘non c’è un io’, dàgli un’occhiata. Investiga, adesso. Guarda se trovi un centro del sé o un‘io’.

D.: Al momento in cui mi sono arrabbiato, mi sono fermato e ho detto a me stesso ‘Chi sono?’ ‘Sono la presenza consapevole.’ Questo mi era chiaro. Eppure i pensieri di collera sono continuati.
B.: Ma ci hai messo il cappello concettuale ‘Sono la presenza consapevole. Senza quel concetto c’è solo il senso di essere e basta.

D.: Beh, comunque dovrò rispondere a questa lettera.
B.: Certo. Fai quello che hai da fare. Lascia accadere quel che deve accadere. Puoi scriverle quando sei incavolato, o le dai una lavata di capo o qualunque altra cosa. Ma non c’è in nessun modo un ‘io’ che fa una sola di queste cose. Quel che avviene è soltanto il modo in cui succede.
D.: Capisco. Possiamo parlare della faccenda del ‘non-sono-l’autore’? Per me resta un concetto.
B.: Te lo faccio vedere. Stai vedendo ora? Stai ascoltando? E’ il tuo occhio che dice ‘io vedo’? E’ il tuo orecchio che dice ’io sto ascoltano?

D.: No.
B.: Dunque il pensiero salta su e traduce ’io vedo’ e ‘io ascolto’. Ma il pensiero ‘io vedo ‘ o ‘io ascolto’ può forse vedere o ascoltare?

D.: L’ho letto almeno venti volte nel tuo libro questo…
B.: Ascoltami ORA. Il pensiero ‘io vedo’ può forse vedere?

D.: No, il pensiero è spazzatura, cioè è solo una traduzione.
B.:Quindi il pensiero non ha nessun potere.

D. Se il pensiero non ha potere, allora non c’è un autore?
B.: Il pensiero ‘sono consapevole’ – è questa la consapevolezza?

D.: Naturalmente no.
B.: Il pensiero ‘io scelgo’ è colui che sceglie veramente? Il pensiero ‘io penso’ è il pensatore?

D.: Quindi se il pensiero non ha potere, non c’è proprio un autore.
B.: Certo che no. Vedi, il pensiero si è talmente allineato a quell’intelligenza, mentre invece non fa che tradurre. Traduce in parole ed etichette con le quali comunichiamo. Il pensiero è talmente allineato alla pura intelligenza-energia che crede di essere la pura intelligenza-energia. Ora se vedi che la mente ed il pensiero non hanno potere, sei a pezzi? Sparisci forse?

D.: No.
B.: Realizzi che la vita continua senza sforzo, senza pensieri. Che problema c’è nell’istante qui presente, se non ci pensi? Smetti di pensare per un po’, eppure non sei a pezzi. Continui a sentire, a vedere, a gustare e la vita continua lo stesso. Non fai affidamento al pensiero.
[…]
D.: Eppure qualcosa succede. Ieri dopo quella lettera che mi aveva irritato, sapevo che la mia reazione era stupida. Per un’ora o più mi ha dato fastidio e poi è finita lì. Anni fa mi avrebbe reso nervoso per più di un giorno. E’ meglio ora.
B.: Certo, lo sarà.

D.: Ma non mi piace quel ‘sarà’. Questo è futuro.
B.: E’ vero. Ma lascerai andare gli eventi più in fretta. L’abitudine è di vedere ogni cosa da un punto di riferimento. Questo non l’hai fatto per una o due volte, ma costantemente, ogni giorno della tua vita. Ci siamo ipnotizzati da soli. Ma se hai rimesso in questione la faccenda e ne hai visto la falsità, non puoi più crederci. Proprio come non puoi più credere al fatto che ci sia dell’acqua in un miraggio.

D.: Prima ti avevo chiesto se trovavi la vita noiosa o eccitante. Te l’ho chiesto perché quando sono libero dal punto di riferimento, tutto appare come nuovo e fresco e stupefacente. Hai dei giudizi riguardo alle espressioni della vita?
B.: Non ho giudizi, ma essi possono presentarsi.

D.: Che cosa ne fai?
B.: Non sono miei. Chi vuoi che li prenda in consegna? Arrivano e partono. Lo schema va avanti da solo.

D.: Così le persone che credono di essere i proprietari dei pensieri, in realtà non lo sono – sembra solo che lo siano.
B.: Si.

D.: Allora le persone che soffrono in massa non sono diverse da noi. Non importa se uno sia sveglio o no. Sai, è difficile per me afferrare a volte quello che dici. Mio padre diceva: ‘Questo non riesce ad attraversare il mio cervello.’
B.: Non cercare di concettualizzare! Stai nell’esperienza e la godrai.

D.: Bob, io amo il processo del pensiero e voglio far di tutto un concetto, sempre. La magnificenza della creazione, la scienza, l’arte, la chirurgia, ecc. Ho sempre voluto sapere chi era il creatore. E la creazione non è nemmeno reale!!
B.: È solo un riflesso in un specchio. Chi fa tutti questi riflessi? Perché un riflesso è migliore di un altro? (ride)

D.: La vita è così miracolosa. Ci sono milioni di cellule che si rinnovano costantemente. Non ti chiedi il perché?
B.: I perché e i come sono finiti per me. Sarebbero movimenti che allontanano da Quello.

D.: Perché tutto è già avvenuto?
B.: Rimani con ciò che succede e ogni tanto ci sarà un barlume di apertura. E avrai risposte soddisfacenti.

D.: Quando hai avuto quell’esperienza con Nisargadatta in cui all’improvviso hai capito quel che diceva…
B.: Lo capii e realizzai: ‘Mai più mi farò ingannare dalla mente!’ Appena uscito da casa sua, eccomi ritornato al punto di partenza. (ride) Ma non fu più la stessa cosa. Certo il punto di riferimento tornava a galla di tanto in tanto, ma poi costatavo: ’Aspetta, sto ricascando di nuovo in quella stessa vecchia scemenza?’ – e me ne rendevo conto. Come hai detto tu prima, a volte la questione rimaneva stagnante per qualche ora o qualche giorno e poi se ne andava.

D.: Quando facesti visita a Nisargadatta?
B.: Nel 1976.

D.: C’era una differenza tra la tua esperienza di vita nel 1976 o dieci anni dopo, dato che l’esperienza era diventata più profonda?
B.: Non diventa più profonda. Ma lo strato che ricopre la consapevolezza semplicemente cade, se ne va. Non può approfondirsi, perché è già Quello e Quello soltanto.

D.: Se per esempio tu avessi avuto un’esperienza nel 1976 come quella che ebbi ieri, non sarebbe stato più difficile sbarazzarsene che nel 1986?
B.: Certamente. Ma anche nel 1976 ci fu un cambiamento immediato…

n.d.tr.: questa è la prova della non-località secondo la fisica moderna.
… Un wormhole * a S.Francisco e un wormhole a New York sono lontani migliaia di miglia nello spazio tridimensionale, ma la distanza – attraverso il cosiddetto “manico di una tazza da tè” – che le unisce, può essere solo di qualche centimetro… codesti “wormhole”‘ nello spazio tempo ci obbligano a vedere la geografia e la storia dell’universo come una “nonlocalità”…
– Michael Talbot

… Il principio di Indeterminazione di Heisenberg… dice che non si può sapere allo stesso tempo dove si trova un atomo, o elettrone e sapere come si muove.
– Paul Davies

Riprendiamo l’analogia del ferro nel fuoco. Mettiamo il ferro nel fuoco. Diventerà rosso come il fuoco, ardente come il fuoco. Se lo afferrate, vi brucerà come il fuoco. Ha preso gli attributi del fuoco. Adesso, toglietelo dal fuoco. Cosa succederà? Rimarrà rosso? Brucerà? Non ha sostanza di per sé. Non ha il potere di fare queste cose: di diventar rosso, di bruciare. Non ha alcun potere in se stesso. È la stessa cosa con l’idea che ho di me stesso. Se non fosse per la pura intelligenza, nel sottofondo, non potrei avere un unico pensiero. Non può sussistere da solo. Un’altra maniera di esprimerlo è ciò che ognuno di voi sta vedendo esattamente adesso. Voi ascoltate adesso, vero? L’orecchio dice: “Io ascolto”? O l’occhio dice: “Io vedo”? Le vostre chiappe sedute sulla sedia dicono: “Io sento”? (silenzio)

Allora?
Q: No.

Cos’è che dice: “io vedo”, “io ascolto”, “io sento”? Non è un pensiero che arriva e traduce ciò che succede, come “io vedo” o “io ascolto”? Vediamola in altro modo: Il pensiero “io vedo”, vede? Il pensiero “io ascolto”, ascolta? O il pensiero “io sento”, sente?
Q: No.

Il pensiero viene dopo il fatto di vedere ed ascoltare. Tutto succede prima del pensiero. Dunque, potete vedere che è come per il pezzo di ferro. Il pensiero ha preso gli attributi di questa pura intelligenza che registra ogni cosa così com’è, e crede di avere il potere. Vedete dunque che, affrancandosi all’immagine di “me stesso”, il pensiero crede nella sua volizione, nel suo potere. In aggiunta, ha bisogno di un Dio o di qualcos’altro, per sentirsi intero, già che le cose non succedono nella maniera desiderata. Se avesse un tal potere, perché le cose non dovrebbero succedere come desiderato, già che è lui stesso a fare andar la danza? Il potenziale illimitato si è limitato nella forma di un miserabile essere umano. Ed è ciò che viviamo finché non realizziamo che non siamo mai stati questo.
Quando inizierete a questionarvi, comprenderete questi differenti punti. Vedrete chiaramente che, quest’idea o immagine che ho di me stesso, non è assolutamente ciò che io sono.
È un’idea interamente basata negli avvenimenti del passato, che non solo non ha una realtà in sé, ma è anche un’immagine morta. È basata sullo ieri, e gli avvenimenti di ieri. È sprovvista di vita. Appare e sparisce nell’istante presente. Come il pezzo di ferro che arroventato nel fuoco prende gli attributi del fuoco, così l’intelligenza-energia arroventa quest’idea, quest’immagine e questa crede di avere il potere. Ma non l’ha mai avuto! Nel vedere che non esiste un centro, sono liberato da quest’apparente prigione. La gabbia che ho costruito attorno a me stesso, la gabbia delle limitazioni, è che credo di essere un’entità separata, una persona, un individuo. Non appena sorge quest’idea di separazione sorge un sentimento di insicurezza, di vulnerabilità e ansietà, paure, risentimenti, auto-pietà. Anche tutto il resto decorre da questo sentimento di separazione che cerca di farsi intero o completo. Voi siete l’atermporale! Il pensiero è il tempo che appare sul senza-tempo. Guardando da un altro punto di vista: esattamente qui , esattamente ora, ognuno respira; il cuore di ognuno di noi palpita; il sangue circola nel corpo; i capelli crescono; le unghie crescono; le cellule sono rimpiazzate; il cibo è digerito. Chi sta facendo uno sforzo perché ciò avvenga? Esiste un “me” o un’idea nella mente, che dica: “devo prendere il prossimo respiro”, “devo far battere il mio cuore”, “devo digerire il mio cibo”? O tutto ciò si fa da sé? Non esiste un’intelligenza innata, intrinseca, un’energia in questa manifestazione del corpo, che permette al sangue di circolare nelle vene, esattamente ora? Non è forse lei a permettere i movimenti del diaframma per far rientrare l’aria e poi espellerla? Non sta portando il cibo e tutto quanto necessario a tutte queste differenti cellule? Potete sentire quest’energia. Potete sentirla nelle vostre dita e nei polpastrelli, se volete osservarla da vicino, per sentirla da vicino. Là potete sentirla pulsando, palpitando. Ad ogni istante, attraverso questi battiti e queste pulsazioni, la vita si rivela sotto questa forma di energia che è il corpo-mente. Succede senza sforzo. Produce anche il pensiero. Quest’energia deve trovare anche delle porte d’uscita. Esce dai vostri occhi, come luce attraverso la quale possiate vedere il mondo. Che sforzo fate per vedere? Che sforzo fate affinché questa luce sia nei vostri occhi? Qual’è lo sforzo per capire? Quest’intelligenza innata e intrinseca, che vibra in tutto il vostro corpo, registra tutto, qui, ora, così com’è. In questo esatto momento ne state facendo l’esperienza diretta. Come lo specchio che riflette ogni cosa così com’è, o come una camera fotografica tira una fotografia, esattamente così com’è, voi sentite le automobili passare, vedete i movimenti nella stanza, sentite gli odori che sono presenti. Tutto è registrato così com’è, senza correzioni, modificazioni o alterazioni , pura e semplicemente, così com’è. La mente nomina le cose. Vi sono sempre degli intervalli tra i pensieri, là dove iniziano, là dove finiscono. Se voi li vedete e li riconoscete, questi intervalli si allungano. Vedere e ascoltare succede, senza bisogno di nominare, tutto è registrato tale e quale è. Non è nella natura della mente di essere semplice. Analizzerà – l’analisi paralizza – creando ogni sorta di storie, nell’unico scopo di perpetuarsi. La mente, dunque, interverrà per cercare di modificare ciò che è. Cercherà di correggere o di cambiare: “Questo non mi piace”, “Questo è bene”, “Questo è male”. Sorge allora una resistenza a ciò che è. La mente traduce ciò che è registrato. Non c’è bisogno di cercare a lungo per vedere che la resistenza è conflitto. L’idea “questo non mi piace” è solamente un’idea della mente. Cos’è che non mi piace? Non mi piace la sedia o il tavolo. Com’è che io so che si tratta di un tavolo o di una sedia? Le ho nominate a partire da esperienze precedenti. Così non sto più con ciò che è. Sto coi nomi. Il nome che gli ho dato, è un’altro pensiero della mente. La mente è dunque in conflitto con se stessa e forma, in apparenza, una specie di blocco, una resistenza a ciò che è. Se tutto è tale e quale è, se non c’è resistenza, cosa succede? Non esiste conflitto e le cose si esprimono così come sono. Questo non vuol dire che dobbiate schivarvi dal fare qualcosa. Ogni cosa si farà, tale e quale. Al contrario, se la resistenza sorge: “questo non mi piace”, allora cosa succede? Questo pensiero crescerà e crescerà e ciò che è iniziato come un leggero risentimento, diventerà un’energia che si esprimerà in collera, violenza o altro.
Tutti i problemi sono iniziati con questo dualismo: “me”, “l’altro”. Questo sentimento di separazione , quest’insicurezza, questo “me”, mi fanno aver paura dello sconosciuto. Poiché questo “me” è separazione, ha costantemente paura. Preferisce la situazione antica e abituale, per quanto sia spiacevole. “Io preferisco restare qui piuttosto che fare un passo verso lo sconosciuto.”
Fate un passo verso lo sconosciuto, verso nessuna cosa (no-thing) e vedete!
Come dice un vecchio detto: “Fate quello di cui avete paura e la morte della paura è certa.” Lasciate il posto all’intuito senza ascoltare il “me” che pensa sempre di saperne di più. Comprendo dunque che non esiste un “me”, lo abbiamo appena visto chiaramente, capisco anche che non ci può essere un “tu”. Se non c’è né “me” né “tu” , chi è superiore e chi è inferiore? Cosa potrei volere da te? In Oriente, causa e effetto sono chiamati di karma e nella religione cristiana è detto: “Ciò che tu semini, tu raccoglierai.” Sopprimete la causa: cosa succede all’effetto? Sparisce anche lui. Non può esserci effetto senza causa. È tutto quello che deve succedere. Senza la mente, senza il pensiero, esattamente ora, fermate il pensiero solo un istante. O allora mantenete la mente ripetendo: “nessuna mente, nessun pensiero”, “nessuna mente, nessun pensiero”. Ad ogni altro pensiero voi dite “nessun pensiero”. Facendo ciò, avete smesso di ascoltare, di respirare, di sentire o di vedere? Realizzate dunque che ogni cosa veniva registrata anche quando la mente era occupata dal pensiero: “nessun pensiero”. È un’altra prova di che voi non siete la mente. La causa di tutti i miei problemi è il “me”, questo centro, quest’immagine da cui dipende ogni cosa. Quest’immagine morta non è la vita, riposa sullo ieri. Se quest’immagine non è qui, la vita allora è presente in tutta la sua pienitudine.
Non sapete che quest’intelligenza vi ha portati attraverso tutti questi drammi, traumi e avvenimenti diversi? Vi ha portati attraverso tutto ciò fino a questo giorno, qui e adesso.
Non sapete che continuerà? Continuerà a prendersi cura del corpo-mente, questa forma di energia, fintanto che questo corpo-mente perdurerà. In questo, e senza sforzo, non esiste un grande sentimento di libertà? La libertà di essere, ciò che io sono in tutti i casi.

[…]
Q: Bob, cosa potranno trovare i lettori in questo libro?
Se seguono il libro e posano uno sguardo su se stessi, vedranno dapprima che non sono ciò che credono essere. Questo li porterà alla comprensione o alla conoscenza che non sono quest’entità separata, che è la causa di tutti i loro problemi. Se la causa è vista come falsa, cosa ne sarà dell’effetto? La cosiddetta sofferenza psicologica che gli umani provano, sparirà. Non è necessaria.

Q: In questa comprensione, quando esiste apertura, cosa succede ai ricordi e alle attese verso il futuro?
I ricordi sono sempre lì e possono essere evocati nel momento. La memoria è una cosa buona quando viene utilizzata. Tutte le credenze di un’identità separata cadono e voi realizzate che le cose sono successe come sono successe, e non per via di una persona. Per quanto concerne alle attese per il futuro, non ce ne sono. Perché inquietarsi per qualcosa che non è ancora qui, quando possiamo essere con l’attualità? L’essenza della vita sta nel presente, tutta la vitalità è qui. Perché perdere il proprio tempo con qualcosa che ancora non è successo, quando potete essere totalmente con ciò che è? Quando il condizionamento fa presa su di noi, sembra che perdiamo di vista la nostra vera natura. Ma quando questa ci viene mostrata, noi la vediamo e non possiamo più ignorarla. Voi sapete che non l’avete davvero mai lasciata. La vera natura non è nulla ma è il potenziale illimitato nel quale ogni cosa appare o scompare.

Q: Bob, avete trovato certi scritti di differenti tradizioni che ragionino con questa comprensione, potete parlarcene?
Ebbene, il primo che mi ha in qualche modo aperto è l’Avadhut Gitã, quando stavo all’Ashram (di Muktananda). Sentivo che c’era qualcosa lì che non riuscivo affatto a cogliere. Mi piaceva ritornarci e rileggerlo. Dopo Nisargadatta, era molto chiaro. Da allora, le cose che leggevo, lo confermavano. Potevano dire la stessa cosa con delle parole differenti e in una maniera differente. Tutto quello che facevano era confermare ciò che sapevo già.

Q: Quali erano gli altri scritti che avete trovato?
Numerosi scritti dello Dzogchen ed altre scritture antiche, ivi compresa Sengtsang (Sosan) della tradizione Zen. Alcuni di questi scritti sono così belli. Ci riportano permanentemente a Quello. Sgorgano dalla fonte, potete sentirlo. In un’altra scrittura è scritto: “Siate liberi dai pensieri.” Molti si equivocano su quest’espressione. Pensano che debbano rigettare questo pensiero e il prossimo, non pensare. Lasciate il pensiero libero, lasciategli fare ciò che vuole. Proprio come le nuvole che non sono attaccate al cielo, i pensieri passano.

Q: Quando vedo che la mente non è mai soddisfatta e cerca incessantemente di catturare la conoscenza del presente per stoccarla e continuare a cercare qualcos’altro, immaginando che adesso ce l’ha… vedo che è assolutamente inutile. Tutto ciò che che devo essere, è questa immediatezza.
Non potete essere nient’altro! Ma noi non lo realizziamo. Vedete, è l’onnipresenza. Non può essere nient’altro che Quello. Pigliate questi ricordi d’infanzia. Come conoscete questi momenti? Avevate lo stesso corpo di adesso? Avevate la stessa immagine di voi stessi che avete ora? No. Voi li conoscete attraverso questa intelligenza innata, che non è mai cambiata. È la definizione della realtà: ciò che non cambia mai. Il corpo cambia, l’immagine di voi stessi è cambiata, e il punto di riferimento o il centro-io è cambiato, ma Quello non è mai cambiato. Tutta la manifestazione cambia costantemente. Tutto è Quello, apparendo come differente. È difficile coglierlo per la mente. La mente è tempo e spazio, ma Quello non ha tempo. È senza inizio, senza fine. Quello non ha spazio, né dimensione. La mente non può comprenderlo. IL cosiddetto “un attimo fa” non ha lasciato questa onnipresenza, malgrado così sembri aver fatto. Diamo a quest’apparenza una durata. Posso dire “un attimo fa” o “un anno fa” ma cosa fate in realtà? Avete solamente evocato il concetto: “un attimo fa” o quest’altro: “un anno fa”. Tentate di evocare il concetto: “un milione di anni fa”? Qual’è la differenza? Voi siete movimento. Senza punti di riferimento, come potete dire dove questo inizia? Tutto ciò che vedete è oggettività. Tutto ciò che vedete è oggetto. Siete coscienti di pensare, è un oggetto. Ma noi non includiamo questo corpo-mente come oggetto. Pensiamo di essere questo che vede gli oggetti. Pensiamo di essere il soggetto. Ma quando io vi vedo, vedo un oggetto. Dunque anche voi siete un oggetto. Quando voi stessi realizzate questo: “sono solamente un oggetto” allora non rimane che il vedere. Poiché non si può separare il “vedere”. Quando guardate – non importa dove – non vedete nulla. Malgrado ciò, è visto. Come potete chiamare ciò che vien visto, se non mettete delle etichette? Non potete chiamarlo, per cui è nulla. Ciò che vedete attualmente è dunque niente. Guardiamola in questo modo: provate a mostrarmi lo spazio. Non potete, ma voi lo vedete! Non lo registriamo come una cosa, eppure non si passa un solo momento, senza che lo vediate. Sappiate che non siete mai distratti. Non siete mai lontani da Quello. Non potete dimenticarlo, già che l’apparente dimenticanza, è anche lei Quello.

Q: Bob, cos’è la base, l’essenziale?
L’essenziale è: qui, ora, siete presenti e siete coscienti di essere presenti. Realizzate che siete l’uno-senza-secondo, la pura coscienza-presenza e siate ciò che voi siete.

– gennaio 2007